Nel calendario del pallone milanese, 29 settembre somiglia a una riga di confine. Da una parte sei anni di dossier, perizie e ripartenze; dall’altra la chance di trasformare San Siro da nodo irrisolto a cantiere del domani. La proposta d’acquisto dei club, in scadenza tra 30 settembre e 1° ottobre, pretende una risposta politica immediata per incastrarsi nei tempi: società veicolo da costituire, passaggi tecnici da chiudere e soprattutto un orizzonte che anticipi il 10 novembre, quando il vincolo della Soprintendenza sul secondo anello potrebbe cristallizzare lo stadio com’è, bloccando l’intero disegno.
Sei anni di andata e ritorno: dal 2019 al voto
Il film inizia nel 2019 con due visioni – la “Cattedrale” di Populous e “Gli Anelli” Manica-CMR – e con la volontà condivisa di dotare Milano di un impianto nuovo nell’area storica. Nel frattempo cambiano le proprietà (il Milan a RedBird, l’Inter a Oaktree), non l’obiettivo. L’ipotesi ristrutturazione del Meazza, ripescata anche nel DocFAP di marzo, è stata via via respinta: tre anni di chiusura o quasi, ricavi ridotti del 50–70%, interventi straordinari alle porte (copertura) e standard FIFA/UEFA che non si raggiungerebbero pienamente. Così nascono gli sbocchi alternativi: San Donato per i rossoneri (con la prospettiva di spostare settore giovanile e femminile), Rozzano per i nerazzurri. Ma, come ha sintetizzato Paolo Scaroni, è stato un “gioco dell’oca”: si torna alla casella di partenza, acquistare l’area e costruire un nuovo stadio da 70.000 posti accanto al Meazza, che verrebbe parzialmente demolito e rifunzionalizzato entro il 2035, salvandone la memoria iconica.
Cosa succede adesso
Se la delibera passerà, il percorso imboccherà la corsia veloce: affidamento del progetto agli studi Foster + Partners in partnership con Manica, avvio lavori nel 2027 e inaugurazione tra 2030 e 2031. Se invece il voto dovesse fermarsi sul no, Inter e Milan rialzeranno i dossier San Donato e Rozzano, con il rischio di nuove lungaggini e costi extra. È una decisione che pesa come un gol allo scadere: o si entra nell’era del nuovo San Siro, o la città riprende il labirinto delle alternative. Oggi, più che mai, è dentro o fuori.