Pubblicità

Milan a due velocità: implacabile con le big, fragile contro le piccole

4 min di lettura

Il pareggio con il Sassuolo conferma una tendenza ormai evidente: Allegri domina gli scontri diretti, ma paga caro i passi falsi contro chi lotta per salvarsi.

Il pareggio contro il Sassuolo non è stato un fulmine a ciel sereno, ma l’ennesima conferma di una tendenza che accompagna il Milan da inizio stagione. I rossoneri viaggiano a ritmi da Scudetto negli scontri diretti, ma rallentano bruscamente quando il calendario propone avversari di bassa classifica. Due volti della stessa squadra, una contraddizione che rischia di pesare nel lungo periodo. Dopo quindici giornate il Milan è ancora lì, secondo a un solo punto dalla vetta. Ma la classifica, da sola, non racconta tutta la storia.

Grande contro le grandi

Quando il livello si alza, il Milan risponde presente. Contro Bologna, Napoli, Inter, Juventus e Roma sono arrivati quattro successi e un pareggio, con 13 punti conquistati su 15 disponibili. Un solo gol subito, cinque segnati, la sensazione costante di una squadra solida, compatta, capace di colpire nei momenti chiave. È il Milan che Allegri conosce meglio: organizzato, prudente quando serve, letale negli spazi. Una squadra che sembra trovarsi a proprio agio quando l’avversario gioca, lasciando margini per ripartire.

Piccolo contro le piccole

Il copione cambia radicalmente contro chi lotta per non retrocedere. La sconfitta con la Cremonese e i pareggi contro Pisa, Parma e Sassuolo raccontano di punti persi sempre allo stesso modo, spesso dopo gare condotte a strappi, senza continuità. Anche le vittorie contro Lecce e Torino sono arrivate con più sofferenza del previsto. Non è un caso isolato, ma una serie che inizia a fare rumore. Perché i campionati, si sa, si vincono soprattutto contro le cosiddette piccole.

Una questione mentale

La prima spiegazione va cercata nella testa. Contro avversari meno blasonati il Milan fatica a mantenere alta la tensione per tutti i novanta minuti. Cali di concentrazione, pause improvvise, errori che spezzano il ritmo e rimettono in partita squadre che vivono di episodi. È un limite sottile ma decisivo, perché contro chi si difende basso basta una disattenzione per compromettere una gara intera.

Il nodo tattico

C’è poi un aspetto strutturale. Il Milan di Allegri rende al massimo quando può abbassare il baricentro e ripartire, sfruttando la qualità dei suoi esterni e le letture degli uomini offensivi. Quando invece deve fare la partita, gestire il possesso e scardinare difese chiuse, l’ingranaggio si inceppa. L’assenza di un centravanti di ruolo pesa, ma non basta a spiegare tutto. È l’intero assetto a soffrire quando viene meno lo spazio, quando serve pazienza, quando l’iniziativa deve essere costante e lucida.

Un problema da risolvere

Il Milan resta una squadra forte, credibile, costruita per stare in alto. Ma questa doppia identità è un rischio concreto. Continuare a brillare contro le big e inciampare contro le piccole può non bastare in una corsa Scudetto che si annuncia serrata fino all’ultimo. Allegri lo sa: se il Milan vuole davvero restare in vetta fino a maggio, dovrà imparare a vincere anche le partite sporche. Quelle che non fanno rumore, ma che alla fine decidono tutto.

Pubblicità
Pubblicità
Pubblicità