Allegri e il nuovo volto del Milan: vincere anche quando non si può

Il successo in rimonta sulla Fiorentina racconta la maturità mentale di una squadra che ha imparato a soffrire, reagire e trasformare le difficoltà in forza. Leao ritrova la luce, Allegri ritrova il suo mantra.

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C’è una frase che Massimiliano Allegri ripete da anni, come un mantra, e che ieri sera a San Siro ha trovato la sua piena incarnazione:
«Quando le partite si possono vincere si devono vincere. Quando non si possono vincere non si devono perdere.»

Un concetto semplice, quasi scolastico, ma che racchiude tutta la filosofia del tecnico livornese. E contro la Fiorentina, in una serata segnata da assenze, emergenze e tensioni, il suo Milan ha fatto esattamente questo: ha vinto una partita che sembrava destinata a scivolare via.

Andato sotto nel punteggio per un’autorete sfortunata di Gabbia dopo la deviazione di Gosens, il Diavolo non si è disunito. Ha reagito con freddezza, con una forza mentale che solo le squadre consapevoli possiedono. Non è stata una vittoria spettacolare, ma è stata una vittoria da grande squadra, di quelle che costruiscono le stagioni.

Il Milan maturo di Allegri: meno fragilità, più identità

La settimana era cominciata come peggio non poteva. Un’epidemia di infortuni aveva costretto Allegri a rivedere ogni piano: fuori Pulisic, Rabiot, Estupiñán e Loftus-Cheek, con Ricci e Saelemaekers chiamati a reinventarsi. Eppure, dentro quella difficoltà, il Milan ha ritrovato qualcosa di più prezioso della tattica: la solidità mentale.

Il gruppo si è stretto, la squadra ha sofferto con ordine e ha colpito con lucidità. È stato un Milan pragmatico, feroce nei momenti decisivi, capace di reggere l’urto e poi ribaltare il destino. Allegri non ha mai perso il controllo, e il suo approccio è stato seguito dai suoi uomini come un filo rosso: calma, equilibrio, intelligenza.

Modric e Rabiot, due leader silenziosi, hanno trasmesso esperienza e serenità. E il resto lo ha fatto la compattezza di un gruppo che, finalmente, ha imparato a vincere anche quando non è al massimo.

Leao, la luce che si riaccende

E poi c’è Rafael Leão. Il suo sorriso a fine partita vale più di mille analisi. Dopo 513 giorni senza segnare a San Siro in campionato, il portoghese ha ritrovato se stesso con una doppietta da fuoriclasse: un gol d’istinto, uno di coraggio, entrambi di pura leadership. È tornato a essere il volto luminoso del Milan, il giocatore che non solo incanta, ma trascina.

Il rigore calciato con freddezza, la corsa sotto la Curva, la rabbia sportiva di chi sa che il tempo delle attese è finito: Leao non è più un talento da proteggere, ma un simbolo da seguire.

Il Milan che non molla mai

La rimonta contro la Fiorentina non vale solo tre punti. Vale un segnale. Un messaggio a chi ancora cercava certezze: questo Milan sa soffrire, sa vincere, e soprattutto sa restare unito. È una squadra che ha trovato la propria dimensione, il proprio linguaggio emotivo, e un allenatore che ha riportato calma dove regnava confusione.

Forse non sarà un Milan spettacolare, ma è un Milan maturo. Di quelli che capiscono che nel calcio, come nella vita, la vera forza non è dominare, ma resistere finché non si può colpire. E Allegri, ancora una volta, ha avuto ragione.

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