C’è un filo che unisce spogliatoi, ricordi e presente: passa da Torino e porta dritto al centro del campo. Rabiot torna nella casa dove è diventato adulto calcisticamente e lo fa con addosso un ruolo diverso, più ampio: mezzala che corre e ordina, barometro del ritmo e dell’agonismo. È l’innesto che Allegri ha voluto con ostinazione anche a Milano, certo che la sua serietà di routine potesse alzare la soglia competitiva del gruppo. Il contesto lo conferma: un Milan che ha appena rallentato il Napoli campione d’Italia e che cerca, a Torino, la prova di maturità emotiva. La Juventus di Tudor opporrà densità e ribaltamenti rapidi: serviranno letture pulite e tenuta mentale. È qui che la partita si colora di biografie.
Rabiot, il passato che torna in partita
I numeri non raccontano tutto, ma pesano. In bianconero 157 presenze in Serie A con 18 gol e 12 assist; in Champions 24 gettoni, 3 reti e 1 assist; in Europa League 8 presenze con 1 gol e 2 assist. Un bagaglio che oggi il francese porta al servizio del Milan, dove fin qui è stato un fattore silenzioso: sempre in campo nelle ultime quattro partite, quattro vittorie e una sola rete incassata dal gruppo di Allegri. Non è casualità: è il segno di una squadra che, con lui vicino a Modrić e Fofana, ha trovato equilibrio tra aggressione e gestione.
Allegri, il ritorno con un’identità addosso
Per Allegri l’Allianz è casa di abitudini e pressioni. Torna con un Milan più verticale e pragmatico, capace di soffrire quando serve e di abbassare il battito della partita nei momenti storti. Sarà un confronto di dettagli: palle inattive, gestione dei corridoi interni, tempi del pressing sulla prima costruzione bianconera. In mezzo, ancora Rabiot: uscita pulita, coperture preventive, inserimenti quando la Juve si schiaccia. Il resto lo faranno i duelli a campo aperto e la capacità rossonera di leggere i momenti senza sfilacciarsi.