Vi ricordate le parole di Massimiliano Allegri nella conferenza stampa post Milan-Cremonese? “Bisogna lavorare perché non possiamo subire due gol a partita”. Una frase che in quel momento poteva sembrare di circostanza, ma che invece racchiudeva l’essenza del nuovo corso milanista. Aumentare la percezione del pericolo per rischiare meno e, di conseguenza, mantenere la porta inviolata: si fonda su questi presupposti la cura difensiva prescritta dal mister rossonero, trovatosi a lavorare con un reparto arretrato che aveva concluso lo scorso campionato a quota 43 gol subiti. A distanza di quattro mesi dal suo ritorno, possiamo dire che i risultati del lavoro svolto dal suo staff sono evidenti, forse addirittura superiori alle aspettative. Ma come è migliorata, concretamente, la difesa del Milan?
Gerarchie definite, compiti chiari
Primo obiettivo di Allegri era trovare i “suoi” uomini e definire così gerarchie chiare dopo i mille esperimenti (quasi tutti infruttuosi) delle passate stagioni. L’avvicendamento di Thiaw con De Winter non ha garantito un upgrade, di conseguenza è stata fisiologica la “consacrazione” a titolari di Matteo Gabbia, Strahinja Pavlovic e Fikayo Tomori. Uomini che erano presenti anche dodici mesi fa, ma con un rendimento totalmente diverso. Ecco quindi la seconda chiave di volta: dare equilibrio al pacchetto arretrato affidando a ciascuno compiti definiti in campo. Se ognuno porta il suo mattoncino, il muro risulta più alto.
GPT, l’efficacia di una difesa basata sull’intelligenza… tattica
A testimonianza di questa ritrovata solidità, La Gazzetta dello Sport ha riportato un dato significativo che evidenzia l’efficacia del trio difensivo titolare. Con Gabbia, Pavlovic e Tomori schierati contemporaneamente dal primo minuto, il Milan ha disputato nove partite di Serie A, subendo in totale 5 reti. Ciò si traduce in una media di appena 0.55 gol incassati a partita. A far spavento, semmai, sono le statistiche riferite alle rare occasioni in cui uno solo dei tre pilastri difensivi è mancato all’appello iniziale: tre partite, 4 gol subiti, per una media nettamente superiore a 1.3 reti incassate ogni 90 minuti. E l’equilibrio? Mandato al Diavolo. Numeri che fanno capire quanto l’organizzazione del reparto e la gestione dei giocatori siano fattori imprescindibili in questa stagione.
Margini di miglioramento
Fin qui tutto bene, ma, se da una parte i progressi sono tangibili, dall’altra il Milan è chiamato a compiere ulteriori step di miglioramento, soprattutto nella gestione della palla in uscita e nella prevenzione dei rischi. Dalle heat map disponibili sui principali database di analisi dei dati si nota, infatti, come la formazione rossonera riesca a limitare le transizioni subite, grazie agli esterni che vanno subito ad aggredire il portatore di palla avversario; tuttavia, la lettura preventiva delle verticalizzazioni, specie quando il centrocampo viene saltato con rapidità, non è sempre efficace. A questa va poi aggiunta la capacità di uscire palla al piede sotto pressione, evitando passaggi rischiosi (situazione che nel derby ha fatto commettere un paio di errori persino a sua maestà Modric). Insomma, Allegri ha reso di nuovo solida la retroguardia milanista, ma con i giusti accorgimenti può portarla ai massimi livelli del campionato. E a quel punto, la stagione del Milan si farebbe interessante.

