Arrivato al Milan nelle battute finali del mercato estivo, Adrien Rabiot ha impiegato pochissimo tempo a diventare uno dei punti fermi della squadra. Titolare inamovibile a centrocampo, il francese ha ritrovato Massimiliano Allegri, allenatore che lo conosce a fondo dopo l’esperienza condivisa alla Juventus e che lo ha voluto fortemente anche a Milano.
In una lunga intervista rilasciata a Sky, Rabiot ha raccontato il suo ambientamento e la crescita del gruppo, sottolineando come l’impatto con il nuovo contesto sia stato immediato, nonostante una rosa ampia e ricca di alternative.
“Avremmo potuto fare qualche punto in più”
Secondo il centrocampista, il percorso del Milan è positivo ma perfettibile. La squadra lavora bene, segue l’allenatore e ha margini di crescita evidenti, soprattutto sul piano della continuità. Rabiot non nasconde che qualche punto per strada si poteva raccogliere, ma evidenzia anche quanto sia complicato mantenere sempre lo stesso livello in un campionato lungo e logorante.
In questo senso, il ruolo dei giocatori più esperti diventa centrale. Rabiot parla di responsabilità, di leadership silenziosa ma presente, soprattutto nei confronti dei più giovani, chiamati a crescere in un ambiente dove le aspettative sono altissime e la pressione è costante.
Ambizione Scudetto e mentalità vincente
Il tema centrale dell’intervista è l’ambizione. Per Rabiot l’obiettivo minimo resta il piazzamento tra le prime quattro, ma non può essere l’unico orizzonte. Il francese parla apertamente di qualcosa di più grande, spiegando che chi è abituato a vincere non può accontentarsi.
Il campionato è lungo e difficile, ma l’idea di puntare al primo posto non viene considerata irrealistica. Vincere, per Rabiot, è una necessità più che un desiderio, e al Milan questo concetto assume un valore ancora più forte.
Allegri come fattore decisivo
Nel racconto di Rabiot, Allegri emerge come il vero elemento di rottura rispetto al passato recente. Non un singolo giocatore, ma l’allenatore e il suo staff hanno cambiato il Milan, soprattutto dal punto di vista mentale. Allegri incide sulla testa dei calciatori, ha capito da tempo che il calcio non è solo questione di gambe e riesce a creare un rapporto umano profondo con i suoi giocatori.
Per Rabiot il legame con il tecnico è speciale: spesso si capiscono anche senza parlare, un’intesa che nasce dalla fiducia reciproca e da una visione comune del calcio.
I compagni, da Leão a Maignan
Nel corso dell’intervista Rabiot spende parole importanti anche per alcuni compagni. Parla della crescita di Rafael Leão, notando un cambiamento evidente nell’atteggiamento da quando lui è arrivato, e sottolinea il potenziale ancora inespresso di Ruben Loftus-Cheek, che secondo lui può dare ancora di più.
Capitolo a parte per Mike Maignan, definito uno dei portieri più forti al mondo. Rabiot non entra nelle dinamiche di mercato, ma esprime chiaramente il desiderio che resti al Milan, evidenziando quanto sia stimato all’interno dello spogliatoio e quanto possa essere decisivo.
San Siro e il peso della maglia
Rabiot si sofferma anche sull’ambiente. San Siro viene descritto come uno stadio speciale, con una tifoseria capace di trasmettere energia e responsabilità. Giocare per il Milan significa rappresentare un club conosciuto in tutto il mondo, al pari di realtà come Real Madrid e Barcellona. Un peso che oggi Rabiot sente più di quanto percepisse da avversario, quando arrivava a Milano con la Juventus.
Un sogno chiamato Scudetto
In chiusura, Rabiot si lascia andare a una confessione che racconta tutta la sua fame. Il calcio è la sua vita, non solo una parte di essa. Vive per allenarsi, giocare e vincere. E se lo Scudetto dovesse arrivare già quest’anno, il francese non esclude nemmeno un gesto simbolico, come un tatuaggio, per celebrare un traguardo che considera speciale. Parole che raccontano un leader silenzioso, ma ambizioso. E un Milan che, almeno nella testa dei suoi protagonisti, non ha alcuna intenzione di fermarsi al minimo sindacale.

