Luka Modrić ha impiegato pochissimo a far capire perché viene considerato uno dei più grandi centrocampisti della sua epoca. Con il suo arrivo a Milano, il campionato italiano ha riscoperto un talento che, a quasi quarant’anni, continua a dettare i tempi come se il gioco stesso gli appartenesse. In rossonero è diventato immediatamente un riferimento, un faro che illumina la manovra e ridà identità alla squadra di Max Allegri.
L’infanzia, i primi traumi e l’ombra lunga di Euro 2008
Nel dialogo con Slaven Bilić, Modrić torna a un ricordo che ancora punge: Euro 2008, l’eliminazione contro la Turchia. «È stato un trauma, non ero preparato. Ero giovane, ci dicevano che ero al livello di Iniesta. Avremmo potuto fare di più». Quelle cicatrici, racconta, hanno forgiato la sua determinazione.
Gli anni al Tottenham e la porta che si chiude sul Chelsea
Modrić rivela anche il retroscena che nel 2011 segnò la sua carriera. «Ho sbagliato a parlare pubblicamente della mia volontà di andare via. Levy fu duro e chiarissimo: non sarei mai andato al Chelsea». Quell’anno il Tottenham mancò la Champions, ma il croato non rimpiange nulla: senza quel muro, forse non avrebbe mai incrociato il Real Madrid.
L’approdo al Real e la decade che ha cambiato tutto
Il passaggio ai Blancos fu un’odissea. «La trattativa fu lunghissima, complicata. Ma avevo già deciso».
E a Madrid Modrić diventa simbolo, pilastro, leggenda. «Pensavo di restare cinque anni, sono diventati quasi tredici. Volevo ritirarmi lì, ma la vita non segue sempre i piani».
L’addio ai Blancos e il richiamo del rossonero
Poi, la rivelazione che ha fatto vibrare il cuore dei tifosi milanisti. «Dopo il Real, qualsiasi club rappresenta un passo indietro. Ma il Milan è quello che gli è più vicino per storia, identità, reputazione». E soprattutto: «Da bambino tifavo Milan, era la squadra che amavo». Un filo rosso che ha attraversato una vita intera.
Perché il Milan è diventato la scelta naturale
Modrić non ha avuto dubbi quando ha ascoltato il progetto rossonero. «Mi hanno spiegato ciò che volevano: qualcuno che portasse leadership e qualità. È stata una decisione facile». La Serie A, oggi, ha ritrovato un maestro in mezzo al campo; il Milan, un faro che illumina ogni partita. E guardandolo giocare, sembra davvero che fosse scritto così: una carriera partita lontano, ma destinata a passare, prima o poi, per Milano.

