Il Milan di Massimiliano Allegri nasce sulle ceneri di una squadra quasi del tutto spazzata via. Un anno fa, la rosa guidata da Paulo Fonseca contava 27 elementi: oggi ne sono rimasti appena nove, a testimonianza di una rivoluzione senza precedenti. Un dato che smentisce clamorosamente le rassicurazioni arrivate a inizio estate, quando la dirigenza aveva parlato di “ritocchi” senza stravolgimenti.
La realtà è stata ben diversa: il nuovo direttore sportivo Igli Tare e Allegri hanno operato un cambio radicale, liberandosi di ben 18 giocatori tra cessioni, prestiti e contratti scaduti. Una scelta netta, mirata a plasmare un gruppo più adatto alle idee del nuovo allenatore e capace di restituire identità a un club che cerca il ritorno ai vertici del calcio italiano.
L’epurazione e i superstiti
L’elenco delle partenze racconta il peso di questa rivoluzione: da Theo Hernandez a Reijnders, passando per Thiaw, Musah, Okafor e Chukwueze, fino a Morata e Bennacer, approdato alla Dinamo Zagabria. A completare il quadro, i contratti non rinnovati di Calabria, Florenzi e Jovic, oltre al ritorno di Abraham alla Roma.
In questo scenario, a resistere sono rimasti solo Maignan, Torriani, Tomori, Gabbia, Pavlovic, Fofana, Loftus-Cheek, Pulisic e Leão. Nove nomi che rappresentano le fondamenta su cui Allegri e Tare vogliono ricostruire.
Un nuovo corso per tornare al vertice
Il Milan riparte dunque da un mix di leader consolidati e giovani su cui investire, con l’obiettivo di costruire una squadra competitiva e funzionale al sistema di Allegri. La rivoluzione, inattesa nella sua portata, segna l’inizio di una nuova era rossonera: meno legata al passato recente, più orientata a un progetto di lungo termine. Una rifondazione che non lascia indifferenti i tifosi, divisi tra nostalgia e curiosità, ma che testimonia una volontà chiara: voltare pagina per riportare il Milan a essere protagonista.